E’ cominciata la corsa verso la Luna e Marte, ma uno studio pubblicato su Nature Medicine sembra destinato a mutare i progetti di cui tanto si parla: gli scienziati hanno scoperto che l’organismo umano non è fatto per viaggiare nello spazio. Basta infatti una lunga permanenza nell’orbita terrestre per ridurre in modo sensibile il numero di globuli rossi presenti nel sangue, e senza globuli rossi non si va da nessuna parte.

La ricerca ha coinvolto per sei mesi 14 astronauti in missione nella Stazione Spaziale, ai quali è stato chiesto di espirare a intervalli regolari dentro alcuni contenitori, che sono stati poi sigillati e riportati sulla Terra per le analisi. Gli scienziati hanno quindi verificato la quantità di monossido di carbonio nel respiro degli astronauti, misurando per analogia la quantità di globuli rossi che “muoiono” quando si emette l’aria dai polmoni.

 

I globuli rossi portano l’ossigeno dai polmoni ai tessuti dell’organismo e riportano parte dell’anidride carbonica dai tessuti ai polmoni perché venga eliminata con il respiro. Compiendo questo lavoro invecchiano e alla fine muoiono, sostituiti da altri globuli rossi che vengono prodotti dal midollo osseo.

Esaminando l’anidride carbonica degli astronauti, i ricercatori hanno constatato che la quantità di eritrociti che diventano inattivi quando un essere umano si trova nello spazio è del 52% superiore a quanto avviene sulla Terra. Non solo, lo stato di anemia provocato dalla permanenza in orbita perdura anche dopo il ritorno degli astronauti, con individui che ne hanno sofferto per anni.

 

L’eccessiva emolisi, questo il termine tecnico per la distruzione dei globuli rossi, può causare affaticamento, mancanza di fiato e tachicardia, tutte condizioni poco adatte a un lungo e impegnativo viaggio come quello necessario a raggiungere Marte. Normalmente, ogni giorno perdiamo l’1-2% dei globuli rossi presenti nel sangue, che vengono rapidamente sostituiti. Ma negli astronauti il processo di sostituzione non riesce a far fronte alle perdite, generando significative condizioni di anemia.

Si faranno altri studi, perché non è ancora chiara la ragione dell’eccessiva scomparsa dei globuli rossi quando si rimane per lungo tempo in orbita, ma questo problema è solo uno dei tanti che gli astronauti dovranno affrontare in un viaggio su Marte, che il miliardario Elon Musk prevede ottimisticamente di realizzare entro pochi anni. Nello spazio diminuiscono la massa muscolare e la massa ossea, generando fenomeni di osteoporosi. I liquidi si concentrano nella parte alta del corpo, gonfiando il collo e la testa, la capacità cognitiva diminuisce, i movimenti oculari diventano più faticosi.

Se tutto questo non bastasse, c’è poi il problema delle radiazioni cosmiche dalle quali, sulla Terra, ci protegge il campo magnetico del pianeta. Ogni anno in Italia ne subiamo per l’equivalente di 11 radiografie toraciche equivalenti a 3,3 millisieverts, l’unità di misura che le quantifica. Chi andrà su Marte, nei tre anni di viaggio, ne riceverà circa 1.200 mSv: all’arrivo, i baldi astronauti che dovranno fondare la prima colonia saranno esausti, anemici, quasi privi di muscolatura e praticamente radioattivi. Meglio forse continuare a mandarci solo i robot.