Un test delle iene mediaset inviato Matteo Viviani spiega come si costruisce la bufala per guadagnare soldi.

Il sito Retenews24 pubblica la notizia che Martina Ciontoli è stata radiata dall’albo degli infermieri per l’omicidio di Marco Vannini. L’articolo diventa virale, ma è una fake news: come riconoscere e fermare questi siti che si arricchiscono con i nostri clic? Su Iene.it, David Puente ci dà qualche consiglio

Martina Ciontoli radiata dall’albo delle infermiere”. Torna virale su Facebook la notizia pubblicata a febbraio scorso sulla fidanzata di Marco Vannini, ucciso a 20 anni nella villetta di lei a Ladispoli da Antonio Ciontoli. Ma è tutta una fake news creata da una testata acchiappa clic. Perché a distanza di tutti questi mesi è ancora online? Lo abbiamo chiesto a David Puente, giornalista che si è guadagnato il soprannome di “cacciatore di bufale” per quante ne ha smascherate.

“Solo la persona danneggiata può far rimuovere il contenutoattraverso una denuncia. Se l’articolo-bufala rimane online è perché nessuno se n’è occupato”, spiega Puente. “C’è anche il rischio che tornino virali quando succedono fatti simili”. Bloccare i siti di fake news però non è così facile: “Cambiano nome e dominio in continuazione e mapparli diventa complesso. Facebook ci viene in aiuto e blocca quelle pagine che pubblicano in continuazione articoli da piattaforme differenti”.

Nel caso specifico dell’omicidio Vannini, il sito Retenews24 ha pubblicato l’articolo dal titolo: “Martina Ciofoli radiata dall’albo delle infermiere”, come potete vedere qui sopra. Il refuso nel cognome è voluto ed è il primo campanello d’allarme per riconoscere che si tratta di una fake news. “Sono escamotage per salvarsi da eventuali accuse di diffamazione”, spiega Puente a Iene.it. “In assenza di sentenza definitiva, lei non è stata radiata e può denunciare chi l’ha diffamata”. Martina è stata condannata in secondo grado a tre anni di reclusione per omicidio colposo. 

David Puente ci dà anche qualche consiglio per non cadere in siti di bufale: “Diffidate sempre da notizie con titoli scandalisticiperché cliccandoci sopra finite in pagine piene di banner che sono la vera ricchezza per questi siti. Spesso dentro non ci sono articoli ma semplici foto che a volte non c’entrano con la notizia”. Un escamotage molto diffuso: pubblicare notizie con foto di persone famose, facilmente riconoscibili da un grande pubblico poi portato a cliccare. “Questi siti guadagnano soldi dai nostri clic.Non necessariamente bisogna cliccare sui banner pubblicitari, basta solo aprire gli articoli”, dice Puente.

E allora, come si possono rimuovere le fake news dal web? “Nessuno le rimuove e sconsiglio di avere un garante per questo che possa in qualche modo influenzare l’informazione. L’aiuto arriva da tutti noi: segnaliamo a Facebook e Google i siti di bufale e speriamo che le forze dell’ordine possano avere numeri e competenze per fermare questo fenomeno cherischia di trasformarsi in uno tsunami”.

Anche noi de Le Iene abbiamo voluto vedere che cosa c’è dietro il sistema di fake news, così Matteo Viviani ha creato una notizia fasulla per capire come nascono e si diffondono. Per farlo ha chiesto aiuto a Mattia, 23enne con alle spalle una carriera da creatore di bufale.

Viviani ruba da un albergo di lusso”, era la falsa notizia acchiappa clic. E infatti alcuni, indignati, ci hanno creduto! Ma dove sta il guadagno nel produrre bufale? “Sul sito dove pubblichi la notizia falsa ci sono le pubblicità. I clic o le visualizzazioni portano soldi. Più clic fai, più guadagni”, aveva spiegato Mattia. “Per esempio, una bufala letta da 500mila persone può portare 1.000, 1.500 euro in un paio di giorni”.

Guarda qui sotto il servizio di Matteo Viviani.