Un evento mai osservato finora, avvenuto a circa 780 milioni di anni luce da noi. I telescopi di tutto il mondo puntati alla ricerca delle radiazioni elettromagnetiche derivate dallo scontro fra un buco nero e una stella di neutroni. Branchesi: “Se confermato, nuove informazioni sull’espansione dell’Universo”

UN ALTRO ‘botto’ da un angolo remoto dell’Universo. Lo scossone sotto forma di onda gravitazionale è stato generato, per la prima volta da quando ascoltiamo il cosmo alla ricerca di questi eventi, dallo scontro tra un buco nero e una stella di neutroni, registrato il 14 agosto. E ora i telescopi di tutto il mondo si sono voltati per catturare anche un debole segnale di luce che provenga da lì, dove è avvenuto il cataclisma, così potente da generare una deformazione dello spaziotempo, rilevata dagli interferometri Ligo e Virgo. Una scoperta ancora da confermare, ma fa ben sperare: “C’è un’alta probabilità che si tratti di un buco nero e una stella di neutroni – spiega Marica Branchesi, astrofisica del Gran Sasso science Institute e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare – ma occorrerà una lunga analisi per confermare la stima delle masse”.

Il buco nero e la stella

Le informazioni che l’onda gravitazionale si porta dietro hanno permesso di fare un identikit dei due responsabili. Entrambi sono ciò che rimane di un astro che non c’è più a circa 780 milioni di anni luce da noi. La densità della materia che li compone è elevatissima, per questo la loro fusione, in un vortice che vede il buco nero e la stella di neutroni ruotare sempre più veloci l’uno attorno all’altra mentre si avvicinano, è in grado di generare una minuscola increspatura del tessuto spaziotemporale (lo spazio si comprime e si espande per distanze inferiore a milioni di volte il diametro di un atomo) che gli interferometri americani (Ligo) e quello italiano (Virgo, a Cascina, in provincia di Pisa, gestito dall’Infn assieme al Cnrs francese) sono comunque in grado di registrare.

Ed è la prima volta che viene intercettato uno shock cosmico di questo tipo, con una ‘confidenza’ del 99%. La massa è uno dei parametri da misurare per capire se si tratti veramente di un buco nero e una stella o una coppia di buchi neri. E questo ha diverse implicazioni intriganti per gli astrofisici: “C’è sicuramente un buco nero – sottolinea Branchesi – se l’altro non dovesse essere una stella di neutroni sarebbe un altro buco nero ma parliamo di masse piccole. Sarebbe comunque molto interessante perché non facile da spiegare dal punto di vista astrofisico, anche i nostri modelli sarebbero in difficoltà”.

La concitazione di queste ore, tra gli astronomi, è grande perché a differenza di quando avviene una fusione tra due buchi neri, dalla quale non ci si aspetta alcun flash, il fatto che sia coinvolta una stella di neutroni fa sperare che si possa osservare l’evento anche nella controparte elettromagnetica: la luce. L’alert è arrivato anche sul cellulare di Silvia Piranomonte, ricercatrice dell’Istituto nazionale di astrofisica presso l’Osservatorio Astronomico di Roma: “Il gruppo italiano sta osservando con il telescopio nazionale Galileo che si trova alle Canarie, lo stesso stanno facendo gli spagnoli con il Grantecan, che ha uno specchio di dieci metri e può arrivare così ‘profondo’ per registrare la luce che arriva da quell’angolo di cielo. Ci stiamo coordinando con i ricercatori degli altri Paesi europei, ma si sono attivati anche americani e russi. Chi trova un ‘transiente’, cioè una luce che prima non c’era, condivide le informazioni con gli altri”.

Appena si è conosciuta la natura del segnale, Piranomonte e i colleghi (tra i quali c’è anche Marica Branchesi del Gssi e Infn) hanno diramato l’allarme verso i telescopi, con le indicazioni su dove puntare: nella zona di cielo australe, tra le costellazioni dello Scultore, Fornace e Balena, dalla quale sembra provenire, per vedere qualcosa. a non c’era da quella zona, condivide le informazioni”.

Messaggi dall’Universo

L’astronomia multimessaggera ha visto la luce il 17 agosto del 2017, quando, per la prima volta, è stata individuata anche una sorgente elettromagnetica nel punto in cui si era originata una onda gravitazionale. Due messaggi differenti da uno stesso evento. In quel caso le responsabili erano due stelle di neutroni che si sono fuse insieme. Quasi esattamente due anni dopo è la volta di un’altra grande scoperta, cercata da tempo. La teoria li prevede, ma un tandem BHNS (black hole-neutron star, per usare la sigla degli astrofisici) non era mai stato osservato, non in maniera così chiara. Questo dimostra ancora l’efficienza dei tre strumenti, gli interferometri Ligo e Virgo, hanno raggiunto: “Proviene da una zona molto circoscritta, anche più stretta rispetto a quella del 2017 – spiega Piranomonte – e a seconda delle galassie che ci sono e alla loro distanza, i modelli ci dicono quello che dovremmo osservare. Se troveremo una curva di luce che corrisponde, avremo fatto centro”.

In entrambi i casi, secondo Branchesi, avremmo nuove preziose informazioni sul funzionamento di ciò che ci circonda: “Se trovassimo la controparte elettromagnetica potremmo studiare l’espansione dell’Universo, come si comporta la materia in un sistema a densità enormi e in condizioni di gravità estreme. Ma anche senza emissione di luce, potremmo sapere come si comporta un buco nero quando inghiotte una stella. In un sistema binario che pensavamo esistesse ma non avevamo mai osservato”.

L’impronta digitale della luce

Gli astronomi stanno confrontando le immagini di quell’angolo di cielo scattate nelle ultime ore, con quelle realizzate in precedenza, per capire se qualcosa di nuovo (si cerca una kilonova, nuova luce, meno potente di una supernova) si palesa in quel punto. Se spunterà fuori, andrà analizzato: “Abbiamo dei modelli da confrontare, ma non sappiamo di preciso cosa aspettarci perché è un evento che non abbiamo mai osservato – continua Piranomonte – quello che faremo è analizzare le curve di luce nelle varie lunghezze d’onda per vedere se corrispondono. E lo spettro, cioè l’impronta digitale della luce per capire di quali elementi è composta”. Il rush alla caccia del transiente è iniziato e potrebbe durare giorni: “La luce dell’evento del 17 agosto del 2017 è durata parecchio. Nella luce visibile e nell’infrarosso per due settimane. Le ultime osservazioni radio, 200 giorni dopo, ci hanno permesso di capire come era strutturata la geometria dell’esplosione”.

Miniere spaziali

Ligo e Virgo sono stati accesi di nuovo ad aprile di quest’anno e finora hanno identificato 19 eventi. Dalle prime due campagne del 2015-2016 ne erano stati intercettati 11. Siamo arrivati a 30, dunque, oltre la metà solo negli ultimi quattro mesi. Ma erano tutte fusioni di buchi neri, eccetto quest’ultima (un altro classificato potenzialmente come BHNS con una confidenza di appena il 13%).

Gli occhi più potenti del Pianeta sono aperti. Se fotoni arriveranno, avremo fatto luce su un evento mai osservato e allargato l’orizzonte della comprensione dei fenomeni che animano, rimescolano e forgiano l’Universo. Anche ciò che ci portiamo in tasca, al dito o appeso al collo. Questi sono infatti i processi che hanno portato a creare i metalli che troviamo nelle nostre miniere (dagli scontri tra stelle di neutroni, per esempio, vengono prodotte grandi quantità di oro), concentrati dalla forza gravitazionale che ha formato la Terra: “È probabile che anche lo scontro tra un buco nero e una stella di neutroni possa produrre elementi pesanti proprio come l’oro – conclude l’astrofisica – ma fino a che non avremo lo spettro della luce non lo sapremo con certezza”.