Forse l’impatto umano sul pianeta è ancora più antico di quanto pensassimo. Stando a un recente studio dell’Università di Göteborg, potrebbe essere iniziato quando ancora Homo sapiens non esisteva e i primi ominidi si stavano evolvendo.

È facile pensare che la sesta estinzione sia un affare recente. Parliamo di Antropocene come una novità, come se fino a pochi secoli o addirittura decenni fa avessimo camminato sul pianeta in punta di piedi, con passo sostenibile. La verità è che il nostro conflitto con il resto della natura è antichissimo. Siamo stati noi una delle cause principali, se non la principale, dell’estinzione del Quaternario in cui la fauna di grandi dimensioni è stata annientata in Eurasia, nelle Americhe e poi in Oceania, in precisa concomitanza con la nostra espansione sulla Terra. Mammut, moa, rinoceronti lanosi, Megatherium: sono solo alcune delle specie che abbiamo eliminato nella preistoria. Senza contare il nostro probabile contributo nell’estinguere le altre specie umane con cui convivevamo, come i Neanderthal.

Ma forse l’impatto umano sul pianeta è ancora più antico. Fino a milioni di anni fa, quando ancora Homo sapiens non esisteva ma i primi ominidi si stavano evolvendo. Lo suggerisce uno studio pubblicato a gennaio 2020 da Ecology Letters. Analizzando i fossili di carnivori nell’Africa Orientale negli ultimi 4 milioni di anni, Søren Forby e colleghi dell’Università di Göteborg scoprono che, mentre il tasso di estinzione dei piccoli carnivori rimane costante, quello dei grandi carnivori (oltre i 21 kg) è cresciuto costantemente.

Lo studio procede un po’ come un poliziesco, dove ci sono vari sospetti che vengono scagionati uno a uno fino a trovare il colpevole. Il clima è cambiato parecchio in quattro milioni di anni, e come tale il suo mutamento è considerato l’indiziato numero uno. Ma, come in un poliziesco che si rispetti, l’assassino non è il sospetto più ovvio. Il clima non è una spiegazione plausibile infatti, secondo Forby e colleghi, perché avrebbe un impatto sia sulle specie grandi sia su quelle piccole, e perché il trend di tale cambiamento, nelle temperature o nella piovosità, non segue lo stesso andamento dell’estinzione dei carnivori.

Il secondo sospetto è la progressiva riduzione delle foreste, che in Africa Orientale segue nel tempo un andamento circa parallelo a quello delle estinzioni. Caso risolto? No: in Nord America, che nel corso dei passati milioni di anni ha subito la stessa diminuzione naturale delle foreste, in quel periodo non c’è stata nessuna estinzione sistematica di carnivori dello stesso tipo.

Resta un unico fattore chiave che era presente in quella regione e non in America, e che correla perfettamente con l’andamento delle estinzioni dei grandi carnivori: l’evoluzione degli ominidi, che proprio in quel periodo si espandevano in Africa. In particolare, l’estinzione dei carnivori di grossa taglia sembra accelerare al passo con le dimensioni del cervello lungo l’albero evolutivo degli ominidi. Man mano che la nostra intelligenza cresceva diventavamo dei competitori sempre più efficienti all’apice della catena alimentare, spodestando i grandi carnivori che prima occupavano quel posto.

Non che quattro milioni di anni fa i primi ominidi potessero competere come cacciatori efficienti. Erano invece probabilmente, secondo gli autori dello studio, dei cleptoparassiti, ovvero derubavano sistematicamente le prede abbattute dai grandi felini o dalle iene. Un comportamento che tuttora praticano alcune popolazioni africane, e che comunque può mettere in crisi la sopravvivenza di chi fatica per inseguire una preda, per poi trovarsi scacciata via da essa a fare la fame.

Se lo studio di Forby e colleghi verrà corroborato, si aggiungerà alle già numerose evidenze del nostro antico e costante impatto sul pianeta. La crisi ecologica è una conseguenza della nostra intelligenza ed efficacia, che ci ha permesso di sfruttare risorse come nessun altro animale è mai stato capace di fare, da ben prima della Rivoluzione Industriale. Non è mai esistito un buon selvaggio capace di vivere in idillio con l’ambiente. Questo significa che, al di là del tamponare l’emergenza attuale, climatica ed ecologica, non è soltanto riducendo crescita e consumo che potremo dichiararci in pace con la biosfera. Dovremo in qualche modo anche cambiare l’attitudine stessa che ha reso la nostra specie vincente.

LEGGI ANCHE:

https://europa.today.it/ambiente/uomo-animali-estinzione.html

1 commento

  1. Rispetto a tutte le altre specie, assoggettate ai delicati equilibri esistenti all’interno di precise zone adattative, l’essere umano è una sorta di “estraneo” su questo pianeta. Homo sapiens è di fatto una specie non particolarmente integrata con alcun habitat naturale e per questo da sempre costretto a modificarne le caratteristiche per far sì che l’ambiente intorno a lui risulti maggiormente disponibile, meno aggressivo nei suoi confronti, più adatto alla sua sopravvivenza (antropizzazione).
    Come scrive il biologo Massimo Sandal in un suo articolo (1), “La verità è che il nostro conflitto con il resto della natura è antichissimo. Siamo stati noi una delle cause principali, se non la principale, dell’estinzione del Quaternario in cui la fauna di grandi dimensioni è stata annientata in Eurasia, nelle Americhe e poi in Oceania, in precisa concomitanza con la nostra espansione sulla Terra. Mammut, moa, rinoceronti lanosi, Megatherium: sono solo alcune delle specie che abbiamo eliminato nella preistoria. Senza contare il nostro probabile contributo nell’estinguere le altre specie umane con cui convivevamo, come i Neanderthal”.
    L’emergere di Homo sapiens è stato devastante per l’intero ecosistema e i dati di come la nostra specie stia in breve tempo riuscendo a depredare il pianeta dalle sue risorse sono sotto gli occhi di tutti. E’ come se la natura, ad un certo punto della sua meravigliosa storia evolutiva, avesse agito contro se stessa.

I commenti sono chiusi.