Ora c’è quasi la certezza che i marziani sono davvero esistiti

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  • Una nuova analisi di molecole organiche trovate da Curiosity avvalora l’ipotesi che Marte fu un tempo abitato.
  • E intanto si è dato il nome al nuovo rover della NASA, mentre è in dubbio il lancio del rover europeo

C’è stata vita su Marte? Di tanto in tanto scoperte fatte dai rover che percorrono o hanno percorso la superficie del Pianeta rosso e dalle sonde che gli ruotano attorno, lo fanno sperare, ma fino ad oggi non vi è la prova certa al 100 per cento. Un’altra scoperta però, fa aumentare tale probabilità. Si tratta, in realtà, di un approfondimento di una ricerca fatta nel 2018, che allora aveva lasciato molte domande aperte, ma che ora attraverso una più attenta analisi dei dati, i cui risultati sono stati pubblicati su Astrobiology, sembra far pensare che realmente colonie di batteri prosperarono sul Pianeta rosso circa 3,5 miliardi di anni fa. Si tratta della rivalutazione della scoperta di una serie di molecole organiche portate alla luce dal rover Curiosity in un campione di rocce estratte da una perforazione all’interno del cratere Gale.

Nella perforazione della roccia in questione, che venne chiamata Murray Formation e che si formò dalla trasformazione di un fango molto antico, sono state trovate delle molecole organiche chiamate “tiofeni”. Nello studio nel 2018 non si era certi però della loro esistenza, mentre la nuova ricerca ne dà conferma al 100 per cento.

Quando sulla Terra si scoprono queste molecole le si collega immediatamente con qualcosa di realmente organico, ossia ad esseri viventi. Perché così è. Generalmente infatti, tale molecole si trovano nel greggio o nel carbone i quali si formano da organismi deceduti, come zooplancton, alghe o piante morte, sottoposte ad elevate pressioni e temperature.

C’è anche una strada diversa che può portare alla formazione di tali molecole ed è quella che si ha quando lo zolfo reagisce con idrocarburi a temperature superiori ai 120 °C. Si tratta di una reazione chimica chiamata riduzione termochimica del solfato o TSR. Ma come si capisce almeno un elemento di partenza, l’idrocarburo, ha origine biologiche.  Ma c’è qualcosa in più da sottolineare che potrebbe spostare l’ago della bilancia verso l’ipotesi organica anche per i tiofeni marziani: i processi sopra descritti richiedono che lo zolfo sia “nucleofilo”, ossia che gli atomi di zolfo donino elettroni per formare un legame con l’atomo partner. Ma la maggior parte dello zolfo marziano esiste comune solfato e non può essere nucleofilo. Ad essere pignoli i solfati possono essere ridotti a solfuri nucleofili tramite TSR, ma è un processo assai raro. Esiste invece un’altra possibilità, più realistica e comune, ossia la “riduzione del solfato in modo biologico” o BRS, cioè la “lavorazione” dei solfati da parte di alcuni particolari batteri (e anche dal tartufo bianco, che ovviamente non c’è su Marte) che li trasformano in solfuri.

A questo punto si potrebbe gridare “abbiamo la certezza che organismi viventi marziani diedero origine ai tiofeni”. “Purtroppo ancora no, in quanto non conoscendo appieno la chimica di Marte, è necessario andare con i piedi di piombo”, ha detto Dirk Schulze-Makuch della Washington State University. Esiste infatti, una remota possibilità che lo zolfo necessario alla produzione dei tiofeni sia stato prodotto da eruzioni vulcaniche del passato e che il calore dei magmi e delle lave abbia permesso le reazioni chimiche tra lo zolfo e il carbonio a dare i tiofeni in questione. Certo è che trovarli in pozze di fango rende la probabilità assai bassa.

Dove cercare la risposta? Sicuramente in ulteriori indagini condotte sia da Curiosity, che continua la sua esplorazione nel cratere marziano (che un tempo sembra sia stato ricoperto d’acqua, anche se non sembra per molto tempo), sia dal nuovo rover che partirà alla volta del Pianeta nei prossimi mesi e al quale in questi giorni è stato dato il nome di “Perseverance”, nome scelto dalla NASA tra 28.000 indicazioni inviate da altrettanti studenti di ogni ordine di classi.

il rover europeo Rosalind Franklin? Purtroppo non si ha ancora la certezza assoluta della sua partenza in quanto problemi ai paracadute richiedono ulteriori prove della loro affidabilità, prove che si avranno entro fine marzo. Solo allora sapremo se davvero un perforatore in grado di scendere fino a due metri di profondità nel sottosuolo marziano sarà in grado di raggiungerà Marte per estrarre e analizzare campioni di rocce fino ad oggi mai prelevati.