“Andare via dalla Casa Bianca il 20 gennaio? Solo se mi vengono a prendere”. In uno dei frequenti scatti d’ira degli ultimi giorni Donald Trump sarebbe arrivato anche a minacciare il rifiuto di lasciare il palazzo presidenziale nel giorno del giuramento e dell’insediamento di Joe Biden. Mentre il tam tam sui social rivela come gruppi di sostenitori lavorano ad un Inauguration Day alternativo, quello che secondo le intenzioni dovrebbe dare il via al secondo mandato presidenziale di The Donald. Quello che in privato diversi responsabili dell’amministrazione descrivono con preoccupazione è un presidente uscente sempre più fuori controllo e che nell’ultimo mese prima del cambio della guardia rischia di seminare il caos.

E’ un Trump ossessionato dall’idea di poter ancora riscrivere la storia delle elezioni e furioso con tutti quelli che secondo lui lo frenano e lo ostacolano. Figure che fino a ieri erano i suoi più stretti collaboratori ma che oggi, considerate al pari di “traditori”, non riescono più a gestirlo.

Ce l’ha con il vice Mike Pence e con il segretario di Stato Mike Pompeo, che non combatterebbero abbastanza per sostenere la sua battaglia, quella che il 6 gennaio vuole portare in Congresso. E poi con il leader dei senatori Mitch McConnell, accusato di essere stato il primo ad abbandonare la barca, riconoscendo la vittoria di Biden e ratificando l’accordo sugli stimoli all’economia con i democratici.

Le ire del tycoon si abbatterebbero persino sul genero Jared Kushner, che in queste ore se ne sta ben alla larga dalla West Wing, volato in Israele con la scusa di portare avanti il suo compito in Medio Oriente. Ma nelle movimentate riunioni del fine settimana le urla e gli epiteti di Trump avrebbero investito anche il capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows, il più vicino a lui quando è rimasto contagiato dal Covid, e il consulente legale Pat Cipollone, quello che lo aveva difeso dall’impeachment.

Rei entrambi di aver frenato sulle ipotesi più incredibili prospettate dal presidente: come quella di ricorrere alla legge marziale, suggerita dal suo fedelissimo (e di recente graziato) ex consigliere alla sicurezza Michale Flynn, oppure quella di ordinare ai militari il sequestro delle macchine per il voto che, secondo l’avvocatessa cospirazionista Sidney Powell, sarebbero state truccate e manomesse con lo zampino di una società legata ad Hugo Chavez.

Nessuno dunque si salva in queste ore, tranne un pugno di personaggi a dir poco controversi che negli ultimi giorni hanno fatto avanti e indietro dallo Studio Ovale, gli unici consiglieri di cui ormai Trump sembra fidarsi perché gli unici che ancora alimentano speranze di vittoria. Insieme a Flynn e a Powell l’immancabile Rudy Giuliani, ma anche l’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon e l’eccentrico ex fondatore e Ceo del sito di acquisisti online Overstock.com. Alcune voci infine parlano di un Trump che potrebbe rinunciare al suo viaggio in Florida per le feste di fine anno, prigioniero di una sindrome da bunker che lo spingerebbe a pensare che lasciare ora la Casa Bianca sarebbe un gesto di debolezza.