Sotto i mari e nel cuore del permafrost dell’Artico (che si sta sciogliendo a causa dei cambiamenti climatici) si cela una vera e propria bomba a orologeria fatta di bolle di metano, che una volta rilasciate nell’atmosfera sono in grado di catalizzare in modo significativo il riscaldamento globale. Il metano, infatti, è un gas a effetto serra sensibilmente più potente dell’anidride carbonica – anch’essa pronta a liberarsi -, e qualora ne venissero rilasciati miliardi di tonnellate come temono alcuni scienziati, l’impatto sulle temperature medie del pianeta potrebbe essere davvero significativo.

A indicare che qualcosa di molto pericoloso si sta muovendo sotto quello che una volta era considerato ghiaccio perenne (il permafrost, appunto) è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università di Stoccolma, Svezia, che assieme ai colleghi della Scuola di Scienze della Terra e Ambientali dell’Università di Leeds (Gran Bretagna) hanno condotto una spedizione di due mesi nei mari tra la Siberia e l’Alaska; tra essi il mare di Laptev, il mare de Ciukci e il mare della Siberia orientale. In queste acque, infatti, da tempo si sta registrando un fenomeno “sinistro”, la liberazione di grandi bolle di gas metano intrappolate nel ghiaccio o nel fondale marino, che a causa delle temperature sempre più elevate esplodono in atmosfera.

Avvalendosi di sofisticati strumenti scientifici, gli scienziati coordinati dal professor Brett F. Thornton, docente presso il Dipartimento di Scienze Geologiche dell’ateneo svedese e membro del Centro Bolin per la ricerca sul clima, hanno condotto misurazioni accurate della contaminazione aerea, rilevando che in alcuni punti le emissioni di metano risultavano essere decine di volte superiori alla media. Questo gas viene prodotto principalmente dalla decomposizione batterica delle carcasse di animali morti e dei resti vegetali, che nel corso dei millenni si sono accumulati nel ghiaccio. In parte la produzione di metano è legata a processi geologici. Quando il ghiaccio si scioglie, il gas al suo interno (o sotto di esso, se proviene dal fondale marino) viene liberato in atmosfera. Al momento Thornton e colleghi ha rilevato che le emissioni più intense riguardano solo alcuni punti isolati e nel complesso si tratta di un’area circoscritta, dunque non rappresentano una seria minaccia globale. Tuttavia non sarà così per sempre. Più ghiaccio si scioglierà a causa dei cambiamenti climatici e maggiori saranno le quantità rilasciate, fino a diventare un fenomeno potenzialmente incontrollabile.

Secondo alcuni ricercatori nel ghiaccio che rischia di sciogliersi sarebbero intrappolati oltre 1500 miliardi di tonnellate di carbonio (tra anidride carbonica e metano). È una quantità spaventosa, con la quale potremmo avere a che fare nel giro di pochi decenni qualora non dovessimo riuscire a invertire la rotta e a contenere l’aumento delle temperature medie. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull’autorevole rivista scientifica Nature Geoscience.