STATI UNITI

4 ottobre 2021 – 14:33

«Credo che possiamo fare di meglio». Si chiama Frances Haugen, ha 37 anni ed è stata product manager di Facebook nel 2019. Si svela al mondo, la whistleblower di Facebook che ha divulgato decine di migliaia di pagine di ricerche e documenti interni della società di Mark Zuckerberg denunciando come il colosso del tech non abbia agito in maniera tempestiva per limitare la diffusione di contenuti di odio, violenza e disinformazione e come, anzi, i suoi dirigenti abbiano tentato di nascondere le prove in merito. Una tempesta che rischia, forse, di essere peggiore di quelle causata dalle rivelazioni su Cambridge Analytica.

In un’intervista a «60 Minutes» della Cbs, la ex dirigente Haugen — che ha lavorato anche per altri colossi della Silicon Valley come Google e Pinterest — ha dichiarato: «Ho visto ripetutamente conflitti di interesse fra quello che era buono per il pubblico e quello per che era buono per Facebook e Facebook ogni volta ha scelto quello che era meglio per lei» e per i suoi profitti.

Laureata ad Harvard, assunta da Facebook nel 2019 come ingegnere informatico addetta ai dati, ha rilevato come ci fosse «un piano di sicurezza» e di controlli sui messaggi d’odio e sulla disinformazione che apparivano sul social network, ma che «dopo le elezioni presidenziali del 2020 qualcosa è cambiato». Gli algoritmi sarebbero cambiati e il sistema sarebbe diventato «meno sicuro». Dal quel momento – sempre secondo la versione di Haugen – la piattaforma social avrebbe allentato la censura dei messaggi d’odio e i contenuti che disinformavano sul risultato elettorale, finendo per favorire la diffusione dei messaggi sui presunti brogli. E il motivo è prettamente economico «Facebook guadagna di più quando si consumano più contenuti. Le persone si divertono a interagire con cose che suscitano una reazione emotiva», ha spiegato. «E più a rabbia vengono esposti, più interagiscono e più consumano», ha spiegato.

Figlia di due docenti universitari, Haugen è nata in Iowa. Sul suo sito racconta di essere cresciuta frequentando i caucus con i suoi genitori, esperienza che le ha instillato «un forte senso di orgoglio per la democrazia e la responsabilità per la partecipazione civica». Secondo il suo profilo LinkedIn , Haugen si è laureata nel 2006 in ingegneria elettronica. Il primo lavoro dopo il college è presso Google come product manager associato, dove esercita nelle divisioni di Google Books e Google AdWords. In seguito ha lavorato come product manager presso Google dal 2008 al 2009, progettando la prima applicazione di lettura di libri per dispositivi mobili di Google e scoprendo e sviluppando un algoritmo di ricerca di libri e un database di 300 mila copertine. È stata poi product manager di Yelp dal 2015 al 2016, fondando il suo team di qualità delle foto. Prima di passare a Facebook nel 2019, Haugen ha lavorato presso Pinterest come product manager dal 2016 al 2018 e ha creato un’app di dating. Secondo Wired, Haugen ha fatto «parte della prima ondata di persone che si sono avvicinate a Google nel 1996». A mostrarle per la prima volta il motore di ricerca, quando è ancora un progetto di ricerca alla Stanford University, è sua madre, docente presso l’Università dell’Iowa. Haugen resta sbalordita da ciò che Larry Page e Sergey Brin stanno costruendo. «L’idea di poter effettivamente scrutare in una gigantesca montagna di dati è stata sorprendente», ha raccontato lei stessa. Da allora Haugen è ossessionato dalla tecnologia di ricerca.

Circa un mese fa, Haugen ha presentato almeno otto denunce alla Securities and Exchange Commission, sostenendo come Facebook stia nascondendo i risultati delle ricerche sulle sue carenze agli investitori e al pubblico. Ha anche condiviso i documenti con il Wall Street Journal, che ha pubblicato un’indagine in più parti da cui emerge come Facebook fosse a conoscenza dei problemi, compresi gli effetti negativi della disinformazione e il danno causato, in particolare alle ragazze, da Instagram. Haugen testimonierà martedì davanti alla sottocommissione del Senato sulla protezione dei consumatori, la sicurezza dei prodotti e la sicurezza dei dati. «Ho visto un sacco di social network, ma Facebook è peggio di qualsiasi cosa abbia mai visto prima», ha detto Haugen. L’ingegnere informatico ha raccontato di aver deciso di intraprendere questa battaglia perché ha perso una persona cara a causa delle teorie cospirazioniste circolate sui social. Su Instagram, l’ingegnere sostiene come sia enorme l’impatto sulla vita delle adolescenti: «Una ricerca realizzata da Facebook – ha raccontato – dice che le giovani donne che seguono contenuti legati al disordine alimentare, più seguono questi temi e più entrano in depressione. E questo porta a usare Instagram di più». Ma anche a livello internazionale, i danni sarebbero stati enormi. «Facebook sta lacerando le nostre società e causando violenze etniche in tutto il mondo, incluso il Myanmar nel 2018 quando i militari hanno usato Facebook per lanciare un genocidio», ha spiegato la ex manager.

Facebook ha respinto con decisione le dichiarazioni dell’ex manager, definendole «fuorvianti» e sostenendo che le sue app fanno più bene che male. «Ogni giorno i nostri team devono bilanciare la protezione della capacità di miliardi di persone di esprimersi apertamente con la necessità di mantenere la nostra piattaforma un luogo sicuro e positivo», ha dichiarato la portavoce di Facebook Lena Pietsch alla Cnn Business dopo la messa in onda di «60 Minutes».

D’altro canto Haugen stessa ha spiegato di ritenere come Mark Zuckerberg «non abbia mai deciso volontariamente di creare una piattaforma dedita all’odio, ma ha permesso di fare scelte i cui effetti collaterali portano a maggiori guadagni». Haugen ha affermato di essere stata assunta da Facebook nel 2019 e di aver accettato il lavoro per affrontare la disinformazione. Ma dopo che la dirigenza ha deciso di sciogliere il suo team di integrità civica poco dopo le elezioni presidenziali del 2020, i suoi sentimenti nei confronti dell’azienda hanno iniziato a cambiare. Secondo l’ex dirigente questa decisione ha permesso di utilizzare la piattaforma per aiutare a organizzare la rivolta del 6 gennaio a Capitol Hill. «In pratica hanno detto: “Oh bene, abbiamo superato le elezioni, non ci sono state rivolte, ora possiamo liberarci dell’integrità civica”», ha raccontato lei stessa. Dall’azienda rispondono che il lavoro del team sull’ integrità civica è stato distribuito ad altre unità dopo la sua chiusura. Il vicepresidente di Facebook per l’integrità, Guy Rosen, ha dichiarato domenica sera su Twitter che il gruppo è stato integrato in altre squadre in modo che il «lavoro pionieristico fatto per le elezioni potesse essere ulteriormente applicato».