La Chiesa cattolica francese ha scoperto il suo tragico vaso di Pandora su 70 anni di pedofilia che fino all’ultimo si è voluto negare, un esercizio di omertà che ha delle conseguenze devastanti nella Chiesa di Francia come in tutte le altre diocesi in ogni parte del mondo dove si è pensato che nascondere e insabbiare i casi di abusi sui fanciulli fosse la via maestra per salvare la Chiesa mentre è stato un sistema per distruggerne la credibilità e allontanare i giovani dalla fede.

Le scuse profonde del presidente della CEF

Il presidente della Conferenza episcopale francese, Eric de Moulins-Beaufort, ha espresso “vergogna” e “spavento” e chiesto “perdono” alle vittime della pedo-criminalità in seguito alla pubblicazione del rapporto della Commissione sugli abusi sessuali nella Chiesa (Ciase) voluto dai vescovi di Francia. Secondo il rapporto, sono state 216.000 le vittime di pedofilia nella Chiesa francese dal 1950 ad oggi. “Il mio desidero, oggi, è di chiedervi perdono, perdono ad ognuna ed ognuno di voi – ha dichiarato Moulins-Beaufort davanti alla stampa, aggiungendo che la voce delle vittime – ci sconvolge, il loro numero ci devasta”. C’è pero’ chi vede al rialzo le stime presentate dal rapporto.

Perché crimini così disgustosi all’interno della Chiesa?

Stando alle cifre anticipate domenica scorsa, i preti pedofili in Francia sono stati in questi 70 anni fra i 2.900 e i 3.200. Ma come mai una dimensione così rilevante in una istituzione che doveva essere lontana in assoluto dai crimini? La Chiesa cattolica ha manifestato “fino all’inizio degli anni 2000 un’indifferenza profonda, ed anche crudele nei confronti delle vittime della pedofilia al suo interno- ha detto Jean-Marc Sauvé, presidente della Commissione indipendente che ha diffuso il rapporto sul fenomeno – d**al 1950 al 2000 le vittime non vengono credute, ascoltate, si ritiene abbiano un po’ contribuito a quello che è loro accaduto”. **

Una inchiesta approfondita

Grazie alle interviste e ai controlli incrociati effettuati negli archivi, è stato possibile stabilire che i giovani seminaristi, che sono stati vittime di abusi durante la loro formazione, sono diventati poi predatori essi stessi. Alcuni sacerdoti affermano di essere stati vittime, mentre altri segnalano una grande vicinanza fisica tra docenti di seminario e seminaristi, senza però affermare di essere stati oggetto di violenza sessuale.

Il riscontro anche dalle indagini di polizia

Secondo uno studio condotto da Florence Thibaut, membro del Ciase, basato su informazioni giudiziarie, perizie psichiatriche e indagini di personalità contenute in 35 fascicoli giudiziari, gli ecclesiastici sono stati essi stessi prede sessuali durante la loro infanzia in circa il 27% dei casi studiati.

Sebbene la commissione d’inchiesta abbia rilevato che esiste una certa forma di riproduzione della violenza sessuale da parte di chi l’ha subita da bambino, non è possibile sostenere che vi sia una “specificità della Chiesa cattolica in questo ambito”. Quello che fa orrore è che nella Chiesa cattolica l’aggressore non è un estraneo: è una persona che è a contatto con la vittima, la incontra regolarmente nell’ambito di attività educative (47% dei casi) o pastorali (36%). I luoghi più frequenti degli atti pedofili sono scuole e convitti (30% degli abusi), catechismo e sacrestie (21,2%), movimenti giovanili, colonie e ambiti di pellegrinaggi (20,2%), ufficio o casa dell’abusante (21,2%).

Gli autori dei crimini sessuali

Quanto agli autori delle violenze, sono prima i parroci (30%), poi gli insegnanti del clero (24,5%), i cappellani e gli animatori giovanili (14,8%) e in senso largo i religiosi (7,7%).

Differenze nella sessualità

Alcune delle persone intervistate dalla commissione affermano di essersi interrogate sulla sessualità fin dall’adolescenza, mentre per altre questa domanda “non sembrava allora essere centrale”. Molte delle persone interrogate lamentano che “la sessualità è stata compresa solo attraverso il prisma del peccato”. Poco più della metà dei sacerdoti interrogati si è dichiarata omosessuale, alcuni di loro indicando di aver avuto rapporti con adulti della loro età, prima o dopo l’ordinazione.

Diversificazione nella percezione del reato

Philippe Portier, sociologo delle religioni e membro della commissione, ha individuato tre tipi di sacerdoti grazie all’audizione di alcuni religiosi:

– coloro che si assumono le responsabilità di quel che hanno fatto e si mettono in una prospettiva di chiedere perdono, ma sono estremamente rari;

– quelli che “minimizzano i fatti”, la categoria più importante. “Abbiamo i loro file e possiamo vedere che i fatti sono schiaccianti”: ha chiarito Portier.

– coloro che credono che l’aggressività non sia mai esistita. Pensano che ci sia una sorta di cospirazione della Chiesa, dello Stato e delle famiglie per far cadere un prete che non aveva nulla di cui vergognarsi.

L’omertà e il tempo hanno diluito le possibilità di punire inoltre le vittime e gli abusatori sessuali sono anche anziani.