Paul Alexander di Dallas aveva solo sei anni quando contrasse il poliovirus, un’infezione virale altamente contagiosa che causava la poliomielite. Il pover’uomo è quasi morto prima che i medici lo mettessero in un cosiddetto polmone d’acciaio, un ventilatore meccanico che sigilla la maggior parte del corpo di una persona e cambia la pressione dell’aria per stimolare la respirazione.

Si ammalò nel 1952, al punto da poter muovere solo la testa, il collo e la bocca.

Allora, quando lo guardarono così piccolo, i dottori rimasero stupiti che fosse ancora vivo, ma nonostante tutte le probabilità e le fosche previsioni, Paul resiste ancora anche settant’anni dopo.

E Paul non solo non si è arreso, ma è riuscito nel frattempo a realizzare il suo sogno e diventare avvocato.

Oggi ha 76 anni, il Guinness dei primati lo riconosce come l’uomo che ha trascorso più tempo in un polmone d’acciaio, e si crede che esista solo un’altra persona al mondo che viva dentro un respiratore del genere (lei è l’americana Martha Lillard).

Un tempo, con l’aiuto di un fisioterapista, Paul imparò a “respirare come una rana”, cioè a usare i muscoli della gola per spingere l’aria nei polmoni. Grazie a ciò, ha avuto l’opportunità di lasciare i polmoni d’acciaio per periodi più lunghi e nell’aprile 2020 ha pubblicato le sue memorie.

Gli ci sono voluti più di otto anni per completarli e, quando non dettava a un amico, usava un bastoncino di plastica e una penna per scrivere la sua storia sulla tastiera.

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