DAL CORRISPONDENTE DA CATANIA. Altri due drammatici naufragi nel mare davanti alla Libia, ad appena 24 ore da quello per il quale ieri era intervenuta la nave dell’ong spagnola Open Arms con la morte di 6 persone e tra loro un bimbo di appena 6 mesi. Stavolta però il bilancio è catastrofico: 74 almeno i migranti che sarebbero morti annegati nel capovolgimento della loro imbarcazione, su cui c’erano almeno 120 persone; 47 i sopravvissuti, molti salvati dai pescatori in attività nell’area di Al Khoms e portati indietro dalla Guardia costiera libica assieme ai corpi di 31 persone.

Il naufragio è stato denunciato da Oim e Unhcr, il cui personale ha assistito i naufraghi al loro arrivo a Tripoli. L’altro naufragio, con venti persone morte annegate, è stato denunciato nel tardo pomeriggio da Medici senza frontiere, questa volta nella zona di Sorman, versante occidentale della Libia, nei pressi di Sabratha: «Il nostro team a Sorman oggi ha assistito tre donne, uniche sopravvissute di un naufragio in cui sono annegate 20 persone – ha twittato Msf -. Soccorse da pescatori locali, sono sotto shock e terrorizzate; hanno visto i loro cari sparire tra le onde e annegare sotto i loro occhi».

Il primo, più grave naufragio, quello con 74 vittime, è avvenuto invece stamattina al largo di Al Khoms, a est di Tripoli, versante opposto dunque rispetto a quello dove ieri e l’altro ieri è intervenuta la Open Arms per effettuare tre salvataggi, uno dei quali drammatico per la rottura del gommone, che ha trascinato in acqua tutti gli occupanti, ha determinato l’annegamento di 6 persone e il salvataggio di 112. La nave della Ong, che ha a bordo in tutto 259 migranti salvati, è in questo momento alla fonda a ridosso delle acque territoriali italiane a sud di Lampedusa, in attesa che le venga assegnato il «Pos», il porto sicuro.

Il naufragio segnalato oggi dalle organizzazioni umanitarie Oim e Unhcr, con i suoi «almeno» 74 morti è tra i più gravi registrati negli ultimi anni nel Mediterraneo. Tra le persone che hanno perso la vita ci sono molte donne e bambini. «La perdita di vite umane nel Mediterraneo è una manifestazione dell’incapacità degli Stati di intraprendere un’azione decisiva per dispiegare un sistema di ricerca e soccorso quanto mai necessario in quella che è la rotta più mortale del mondo – ha ribadito ancora una volta Federico Soda, capo missione dell’Oim in Libia -. Da tempo chiediamo un cambiamento nell’approccio, evidentemente impraticabile, seguito nei confronti della Libia e del Mediterraneo. Non dovrebbero essere più riportate persone a Tripoli e si dovrebbe dare vita al più presto a un meccanismo di sbarco chiaro e definito, a cui possano fare seguito delle azioni di solidarietà degli altri Stati. Migliaia di persone vulnerabili continuano a pagare il prezzo dell’inazione, sia in mare sia sulla terraferma».

Proprio l’Oim ha reso noto che solo quest’anno almeno 900 persone sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale nella rotta tra Libia ed Europa, «alcune a causa di ritardi nei soccorsi». Più di undicimila migranti sono stati invece riportati indietro, 1900 da inizio ottobre, 958 solo nel periodo tra il 3 e il 9 novembre scorsi. L’Oim ribadisce che la Libia non è un porto sicuro e chiede agli Stati europei anche di rimuovere le restrizioni all’attività delle Ong.